Il fenomeno del climate litigation è in costante aumento, con un numero sempre maggiore di individui che si rivolgono ai tribunali per affrontare la crisi climatica, esortando i governi e il settore industriale privato a intensificare i propri sforzi.
L'ultimo rapporto dell'ONU sulla giustizia climatica, pubblicato dall'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente) insieme al Sabin Center for Climate Change Law della Columbia University, fornisce una panoramica dello stato attuale delle controversie climatiche e aggiornamenti sulle tendenze globali in materia.
Ci sono oltre 3.000 casi climatici in corso nel mondo, che coinvolgono organi giudiziari chiamati a risolvere controversie sollevate dai cittadini contro enti pubblici (sia Stati che altre amministrazioni locali) e attività commerciali.
Il rapporto evidenzia come, nonostante l'incremento della legislazione per contrastare l'inquinamento ambientale, la crisi climatica e la perdita di biodiversità, le minacce legate al cambiamento climatico e all'inquinamento persistano, minacciando i diritti delle persone, specialmente dei più vulnerabili. Inger Andersen, Direttore Esecutivo dell'UNEP, ha dichiarato che "Le politiche ambientali adottate finora non sono sufficienti a mantenere l'aumento della temperatura globale al di sotto della soglia di 1.5°C, e stiamo già assistendo a disastri ambientali e ondate di caldo senza precedenti che colpiscono il nostro pianeta".
In Europa, numerosi cittadini cercano giustizia: come evidenziato nel grafico, la percentuale di controversie si attesta al 31,2%. L'Europa è seguita dall'Oceania con il 23,2%. Il Sud America ha il 9,5% dei casi. Asia e Africa hanno ancora le percentuali più basse, rispettivamente 6,6% e 2,3%. Al momento della pubblicazione del rapporto, non sono stati registrati contenziosi nazionali legati al clima nei Caraibi.
Secondo il documento delle Nazioni Unite, la maggior parte dei casi di contenzioso climatico rientra in una o più delle seguenti sei categorie:
1. Casi basati sui diritti umani sanciti dal diritto internazionale e dalle costituzioni nazionali.
2. Contestazioni alla mancata applicazione interna delle leggi e delle politiche legate al clima.
3. Parti che cercano di mantenere i combustibili fossili nel sottosuolo.
4. Sostegno per una maggiore divulgazione sul clima e la fine del greenwashing.
5. Rivendicazioni riguardanti la responsabilità delle imprese e la responsabilità per i danni climatici.
6. Affermazioni che affrontano il mancato adattamento agli impatti del cambiamento climatico.
Il rapporto dimostra come i tribunali mettano in evidenza i forti collegamenti tra i diritti umani e il cambiamento climatico, sottolineando che il mancato o inadeguato contrasto alla crisi ambientale e climatica viola i diritti alla vita, alla salute, al cibo, all'acqua, alla libertà, alla vita familiare, a un ambiente sano e a un clima sicuro. Tutti questi diritti sono classificati come "climatici" e colpiscono tutti, ma soprattutto i gruppi più vulnerabili, maggiormente esposti e colpiti dagli effetti del cambiamento climatico e dall'inquinamento ambientale.
Per questo motivo, la giustizia climatica sta diventando sempre più uno strumento per tutelare i diritti fondamentali dell'essere umano. Sempre più cittadini ritengono che rivolgersi alla giustizia sia un modo per contribuire a risolvere la crisi climatica e chiedono ai giudici di valutare se:
- Le politiche nazionali siano in grado di raggiungere gli obiettivi internazionali e nazionali per contrastare il cambiamento climatico e l'inquinamento ambientale.
- Il settore industriale si adoperi adeguatamente per ridurre le emissioni in atmosfera che contribuiscono alla crisi climatica.
Allo stesso tempo, le sentenze possono diventare un modo per sensibilizzare non solo gli Stati e il settore produttivo, ma anche gli individui a uno stile di vita più sostenibile che favorisca la transizione ecologica.
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